Lucilla Monardi

Lucilla Monardi

“Roma, città in cui sono nata, dove vivo e sono artisticamente attiva. Mi sono diplomata all’Istituto statale d’arte “Silvio d’Amico”di Roma con indirizzo grafica e stampa. Successivamente ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma con indirizzo pittura. Da anni collaboro con la casa editrice Elemento 115 per la realizzazione di opere grafiche e cover di pubblicazioni editoriali. Faccio parte dell’associazione “Arco di Gallieno”, un collettivo di artisti sito nel quartiere Esquilino dove abito. Con “Arco di Gallieno” realizziamo dei progetti volti al coinvolgimento artistico, culturale e sociale proprio per fare da perno aggregante e creare così occasioni di mix partecipativo/culturale.”

Mostre e attività

2018
Gennaio    
Stend/Art – Stendardi d’artista sotto i portici di Piazza Vittorio Emanuele II –   Roma 
Aprile        
Adottart – adozione di un luogo, di un negozio, di un portone ecc. creando con le installazioni, dipinti, murales opere grafiche esposte in maniera permanente per un museo diffuso all’Esquilino – Roma
Maggio   
Esquilinogram – in collaborazione con “Sala 1 galleria” Roma, la prima mostra in Italia concepita per il mezzo Instagram                          
Call di “FLASH BACK – l’arte è tutta contemporanea” per un manifesto in Piazza Bottesini – Torino.
Anonymous Drawings  Galerie im Kornerpark –  Berlino
Giugno  
Call di SPAZIO Y per “Manifesto – iconografie dell’indipendenza” spazi indipendenti,  collettivi artistici con l’associazione” Arco di Gallieno” – Palermo 
Luglio 
Azione “En plein air” ritratti fotografici nei giardini di piazza Vittorio Emanuele II con il coinvolgimento delle comunità straniere  con Arco di Gallieno –  Roma 
Ottobre 
Presso proprio studio per Rome art week progetto “Agnes Richter’s jacket” 
Rome art week con Arco di Gallieno proiezione sulla parete di un edificio della piazza dei ritratti realizzati nel corso dell’azione “En plein air” –  Roma 
Mostra degli elaborati dei ritratti e situazioni colti nell’ambito dell’azione “En plein air” presso la Casa dell’Architettura a Roma – Arco di Gallieno –  Ordine degli Architetti di Roma e Provincia – Roma      
Dicembre 
“Per fare un albero ci vuole un sacco” installazione artistico polemica nei giardini di Piazza Vittorio Emanuele II con flash mob – Arco di Gallieno- Roma

2019
24 luglio – 27 agosto
Stend/Art all’acquario romano – Arco di Gallieno – Roma
Ottobre
Studi aperti per Rome art week – Roma
Novembre 
Mostra personale “L’assenza del suo corpo è la sua essenza” a cura dell’Associazione Psicogeografica Romana presso Gatsby –  Roma
Dicembre 
Entasi – Mostra dei bozzetti per un progetto che coinvolgerà nel 2020 83 artisti con lo scopo di valorizzare le colonne della Piazza Vittorio Emanuele presso Casa dell’Architettura – Arco di Gallieno – Roma 

2020
Febbraio 
Tiny biennale – mostra di opere in miniatura Temple University a cura di Susan Moore – roma
Ex libris – mostra di 60 ex libris di 60 artisti La_linea arte contemporanea – Roma
Workshop le mutevoli forme del classico a cura di Franz Prati Galleria Canova 22 – Roma
Marzo 
Le mutevoli forme del classico – mostra collettiva Galleria Canova 22 – Roma
Ottobre 
Paratissima 2020 selezionata per la mostra “In utero – il grembo come matrice primordiale” a cura di Giorgia Gibertini e Caterina Capantini             

ALCUNI PROGETTI

Agnes Richter’s jacket 


Agnes Richter era una sarta tedesca internata nell’ospedale psichiatrico di Heidelberg per volere del padre e del fratello a seguito di diverse e gravi sue delusioni. La sua memoria sopravvive grazie a una piccola giacca che cucì e ricamò durante il suo internamento nell’istituto, messa insieme con il tessuto di lana marrone e la stoffa di lino con cui erano realizzate le divise, quasi a trasformare un oggetto “istituzionale” e impersonale in qualcosa di intimo. In una condizione dove si è privati dei diritti e di tutto ciò che si possiede, il lavoro della Richter sulla giacca dà espressione materiale al suo io più intimo, ai suoi pensieri personali e al suo stato psichico. La giacca è ricoperta di un fitto, febbrile e disordinato insieme di frasi ricamate in tedesco antico, lingua da molto tempo caduta in disuso. Il testo, ricamato con fili di vari colori, risulta di difficile lettura, in quanto sovrapposto e consumato dall’uso continuo. Solo alcuni frammenti sono stati decifrati: “non sono grande”, “mi auguro di leggere”, “mi butto a capofitto nel disastro”, “io”, “mio”, “bambini”, “sorella”, “la mia giacca” “mi trovo nell’Hubersturburg, piano terra”, “la mia calza bianca” e all’interno della giacca una data “1894”, tante frasi e un solo modo forse, per rimanere presente a se stessa. Il numero “583” compare ripetutamente, essendo il suo caso clinico un modo per assicurarsi che il capo non andasse perduto. Le due tele che Lucilla Monardi espone riproducono, fronte e retro, la giacca di Agnes con le sue misure. Il modello tridimensionale invece è realizzato con le misure reali – 38,5 x 42 cm – : messe a confronto si evidenzia tutta la sua minutezza. Questo lavoro intende essere una riflessione sulla condizione di isolamento e di perdita di ciò che caratterizza la personalità di un essere umano che, in particolari condizioni, disperatamente ricerca. I visitatori sono invitati a esprimere un proprio pensiero, volendo in tal modo dare espressione alle tante frasi sulla giacca non tradotte o incomprensibili, scrivendo direttamente sulla sagoma della giacca di Agnes con pennarelli di vari colori messi dall’artista a disposizione del pubblico.


Altare


L’altare è un simbolo che rappresenta una sacralità per ognuno i modi diversi, un punto di riferimento nella questioni esistenziali. L’opera si ispira alle pale entrate n voga nel rinascimento fiorentino, costituite da un’unica tavola di forma quadrata o rettangolare e una predella con tre tasselli di forma quadrata. “Altare”, dunque, è uno spazio aperto, libero, che simboleggia la ritrovata ricerca del sé attraverso tre fasi: la visione assuefatta, la metamorfosi e la nuova vita

Altare, acrilico su tela, collage, acrilico su carta

In utero – Il grembo come matrice primordiale


Il lavoro degli ultimi due anni di Lucilla Monardi è stato volto ad esplorare la fragilità femminile, ad evocare la potenza e la tenerezza dell’essere donna attraverso la rappresentazione degli indumenti. Gli abiti hanno delle peculiarità biografiche, ci rappresentano, ci proteggono, sono anche barriere, raccontano di sentimenti, di trasparenze e fragilità intese come condizione del proprio io interiore. Il tema proposto ha ispirato l’idea dell’essere femminile vulnerabile: l’utero rappresenta un luogo di accoglienza ma, a volte, anche di violazione. L’artista racconta storie di donne che hanno affrontato la violazione del proprio essere con coraggio e una silente forza interiore (Agnes Richter’s jacket) o negli indumenti intimi (M’ama, non m’ama 1 e 2,) dove l’immagine è sovraesposta tanto da risultare abbagliante o, al contrario, l’immagine trasposta in negativo diventa qualcosa di spettrale, a volte trasformandosi in piccole reliquie sotto vetro. L’utero, elemento esclusivamente femminile, evoca potenza in quanto forza generatrice e allo stesso tempo una fragilità data dall’esporsi alla natura, alla meraviglia e al rischio di generare dentro di sé una nuova vita. La piccola tela è presentata in una teca (una cavità) come una reliquia e la garza è la cura per la ferita del parto. Il piccolo foro cela uno specchio che, illuminato dall’esterno, rivela la luce ad indicare che ogni ferita inferta dall’esterno, o di tipo interiore, può diventare un elemento chiarificatore del nostro percorso interiore. Qualsiasi dolore non può impedire il manifestarsi della forza creatrice, sia nel generare una nuova vita, sia nel creare un pensiero nuovo. Dal nido (un nido vero abbandonato perché ormai aveva svolto la sua funzione) sono state generate nuove vite che in questo momento hanno preso il loro corso, libere di generare ancora altre vite. Il filo che lega il femmineo alla sua cavità protettrice sottolinea il legame profondo, un cordone ombelicale, con il mistero della creazione. Progetto a cura di Caterina Capantini e Giorgia Gibertini. 


La costruzione del tempo
attraverso la costruzione dell’amore



Il tempo non è affatto ciò che sembra, non scorre in una sola direzione e il futuro esiste contemporaneamente al passato. (A. Einstein)

Otto riquadri in plexiglass riportano ognuno una porzione di una margherita che si completa attraverso la giustapposizione dei pannelli installati parallelamente in sequenza in uno spazio definito. Il susseguirsi delle fasi del completamento del fiore in senso orario suggerisce lo scorrere del tempo, la base nella quale sono inseriti lo spazio in cui avviene la costruzione del fiore. Osservando l’opera da un unico punto di vista vedremo il fiore completo, costituito però da piccole porzioni a sé stanti, ognuna con la propria autonomia e quindi ognuna con la propria fondamentale importanza nel completamento dell’immagine: ogni situazione nel tempo, ogni singolo momento, diventano preziosi e importanti per il completamento degli eventi che fanno parte della nostra vita. Dal punto di vista botanico, la margherita in realtà non è un fiore ma un insieme di tanti piccoli fiori raggruppati in un insieme: il suo nome scientifico, Leucanthemum Vulgare che deriva da due parole greche, leukos (bianco), e anthemon (fiore), crea un collegamento con i concetti di ‘purezza’ e ‘verità’. È dunque una pianta composita, il cui centro è costituito da piccoli fiori a forma di tubo, mentre i petali sono dei fiori ligulati; l’infiorescenza centrale, proprio per la caratteristica sopra descritta, attira gli insetti e favorisce l’impollinazione, e quindi il fermento, la vita, metafora, dunque, della produzione di idee che attraverso il tempo si concretizzano e si realizzano. Il fiore del “m’ama, non m’ama”, su piccoli pannelli anch’essi in sequenza, fa il suo percorso inverso, dal suo deturpamento in nome di una sentenza che può risolversi a volte in modo negativo, a un completamento che lascia nel dubbio circa il sentimento provato dalla persona amata nei nostri confronti: in questo dubbio tutto diventa realtà. Nel tempo e nello spazio della vita siamo tutti amati o non amati in ugual misura e a fasi alterne. La ricostruzione della margherita in senso antiorario suggerisce una sorta di controtendenza che esorta a preservare anziché deturpare, a creare anziché distruggere, ad amare anziché essere pervasi da sentimenti negativi. Il “tempo nuovo” che si apre davanti a noi è una grande occasione per sovvertire l’ordine costituito delle cose. La costruzione del disegno della margherita ha inoltre rivelato la perfetta geometria di cui la natura, con grazia e naturalezza, si serve.

Mixed media 3d 
plexiglass, inchiostro, legno, forex, acrilico – 20×20 cm – h 23 cm
20 pannelli
interventi su stampa digitale, gommapiuma, spilli da sarto – misure 10×10 cm – h 3 cm


L’assenza del suo corpo è la sua essenza

“Cosa accade se si inverte il concetto di “nuda vita”? Lucilla Monardi risponde con un percorso innovativo del fare artistico che prevede l’utilizzo e la rappresentazione di stoffe, tessuti, panni e delle diverse tecniche per realizzarne la superficie. Raso, cotone, seta, organza, taffetà, tulle, merletto… Avvolge il corpo femminile non con l’idea di “nuda vita” ma con quello di “vita vestita”, partendo dalla considerazione che sia stato un ambito creativo poco frequentato. Il corpo della donna non è mai del tutto “nudo” come nel caso del corpo maschile, è più opaco, segreto, schivo. Nell’opera “Incompleta” è mostrato un corsetto cui tende a svanire una coppa come a dire che la sua completezza è una pretesa tutta maschile che la intrappola nel concetto banale di perfezione. Nell’opera “Le costrizioni che noi stesse ci imponiamo”, i lacci stringono ma tendono alla sparizione, quel “noi stesse” s’impone a una coscienza femminile presa sempre nel suo doppio. L’Altro da sé e dentro di sé libera da qualsiasi tentativo di reale imposizione. Il corsetto è una gabbia metaforica e non. Ancora un corsetto, infatti, nell’opera “Rose nello spirito e nessuna spina nel cuore”, ancora una volta la donna salva sé stessa evitando che il fiore spinato arrivi al corpo, al suo cuore, al suo mondo emozionale e permettendo che, tuttavia, arrivi al suo “spirito”, senza colpo ferire. Arriviamo, dunque, all’opera “Gli affetti mai provati e non vissuti”, in cui la “vita vestita” porta la “bella giornata” regredendo all’infanzia e aprendo al “momento” in cui l’esistenza si è divaricata, potendo riprendere la via che si era abbandonata per l’altra, in fondo viviamo sempre con una sorta di nostro gemello accanto che è la sequenza delle scelte non avvenute. Se le prime quattro opere sono un percorso sulla “vita vestita”, le altre quattro sono un percorso sui tessuti stessi che si aggrovigliano, attorcigliano, piegano. Se “la piega” è sinonimo in filosofia di Barocco, nella ricerca artistica di Monardi la piega è sinonimo di incantesimo, nel senso più genuino di un’arte che mette in discussione la soggettività e si supera attraverso una continua attenzione alle armonie casuali. La “nuda vita” rovesciata in “vita vestita” non fa che incessantemente produrre pieghe nei tessuti. Sia che si tratti di corsetti metaforici che delle pieghe più casuali e libere l’assenza del corpo femminile non è assenza della donna, ma anzi affermazione del suo passaggio e della sua forza.”(Luther Blissett – APR)


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