Testi critici di Roberta Melasecca e Ilaria Termolino per il progetto On Stage

È vero. Non mento
di Roberta Melasecca

Una notizia corre per il mondo: la verità è collassata, passata, sorpassata. Viviamo un in un’era di post-verità. L’unica verità è che la post-verità ci domina. Ecco la notizia. (…) La verità si trova in una sorta di flusso infinito che sfugge a qualsiasi verifica e gestione. Siamo in un tempo che precede la verità e che va verso di essa, qualunque sia questa verità. E forse questo appartiene a tutti i tempi da quando esiste il tempo.” (Jean-Luc Nancy, La verità della menzogna, FestivalFilosofia 2018, Sassuolo)

È vero, non mento. Questo testo è una mia narrazione e il catalogo che avete iniziato a sfogliare è il risultato di molteplici narrazioni. Strato dopo strato, narrazione su narrazione, costruisco una realtà per me accettabile, quella verità che percepisco come adatta alle mie categorie mentali e che non suscita troppi interrogativi. Accettabile. Anche se non posso verificarla con il metodo scientifico e sperimentale. 

È vero, non ci sono stata sempre. Non ho visto con i miei occhi e sentito con le mie orecchie. La mia percezione si basa su quel racconto, su una sovrapposizione di racconti, frutto di una elaborazione attraverso disparate tipologie di linguaggi. Il procedimento di costruzione della mia identità nel mondo è un sistema dove narrazione, realtà e rappresentazione sono le variabili in un flusso continuativo, dipendenti da un pensiero liquido che connette luoghi e individui. E sono certa che esista un reale indipendente da noi ed una vivida differenza tra reale e realtà, tra ciò che è rappresentabile e ciò che è invece rappresentato. 

Ogni giorno siamo impegnati a organizzare la nostra esperienza attraverso uno sviluppo semiotico di narrazione che supera l’estensione lineare di passato e presente, così come afferma Jerome Seymour Bruner: “I modi di raccontare e i modi di concettualizzare costituiscono ricette per strutturare l’esperienza stessa, per fissarla nella memoria, non solo per guidare la narrazione della vita fino al presente ma dirigerla verso il futuro.” La narrazione è, dunque, connessione, articolazione ed integrazione di tempi, esperienze, codici, registri e relazioni: ognuno di noi riconfigura continuamente e costantemente la propria narrazione attraverso un ciclo aperto e irreversibile tra sè-alterità-mondo – come spiegato da Jaan Valsiner nel saggio Culture in Minds and Societies: Foundations of Cultural Psychology – e attraverso le forme semiotiche del pensiero e dell’azione che si materializzano mediante il legame tra segni differenti. Pertanto il processo di significazione dell’esperienza è un procedimento di articolazione e concatenazione segnica attraverso il quale riusciamo a distanziarci dal qui e ora e, contemporaneamente, a vivere ed essere pienamente nel tempo presente codificando il nostro vissuto. La narrazione è elaborazione e trasformazione della propria relazione con il mondo ed implica punti di vista diversi e disparate modalità di percezione della propria identità. L’insieme dei segni – parole, immagini, suoni, ecc. – che utilizziamo per rappresentare noi stessi e la realtà che percepiamo non è costituito da entità oggettive ed ontologiche ma è definito da modalità specifiche di interazione che si instaurano tra un soggetto e il suo ambiente in un preciso momento e che si espandono su ogni ambito della relazione stessa. Le infinite possibilità di narrazioni delle nostre esperienze permettono, quindi, di creare e disfare sempre nuove connessioni attraverso la costituzione di confini semiotici, valicare contesti e costruire di volta in volta dei sistemi indentitari relazionali in aumento di complessità frattalica, mappe neurolinguistiche che determinano il modo in cui interpretiamo la realtà e come reagiamo ad essa. La molteplicità e la complessità frattalica del nostro sistema di narrazioni mette, così, in evidenza come la verità non si può produrre, così come non si può dominare (cit. Jean-Luc Nancy). Le realtà, risultato delle personali narrazioni e delle verità personalizzate (cit.. Anna Maria Lorusso), non sono più veramente accertabili: ciò che è risaputo non è propriamente conosciuto del tutto, affermava Hegel. La realtà è sempre più narrativa e meno fattuale e le affermazioni sono avvalorate non da evidenze scientifiche ma da ulteriori, nuove narrazioni. Una realtà “letteraria”, dunque, prodotta da uno storytelling in continuo fluire tra esperienze e relazioni. 

Nell’indagare il confine sottile e multiforme tra realtà e rappresentazioni, On Stage ha generato un sistema complesso di narrazioni che si sovrappongono e si stratificano proprio mentre acquisiscono quella complessità frattale ogni volta che viene aggiunto un elemento – fatto, esperienza, persona, luogo o territorio: un dispositivo aperto e liquido che assorbe e restituisce, elabora e interpreta sopra ulteriori narrazioni, procede dal macro al micro e viceversa senza soluzioni di continuità, allontanando e avvicinando continuamente il focus. 

A Roma due livelli di realtà (denominerò ogni livello con il termine audiovisione) – quella del brainstorming (audiovisione1) e quella della derivante drammaturgia (audiovisione2)- sono diventati rappresentazioni e rielaborazioni dell’artista che ha operato filtrando la propria esperienza personale e quella dei partecipanti, intrecciandole con le parole, le voci, i rumori e dando vita ad una trascrizione in copione scenico che è essa stessa percezione personale di una realtà raccontata (audiovisione3). A sua volta il testo prodotto, recitato in sola forma audio a Bolzano, è divenuto aggiuntivo livello narrativo (audiovisione10) che si aggrega alle realtà precedentemente esperite a Barcellona. 

Mentre a Roma e Bolzano il tessuto connettivo esperienziale è costituito soprattutto dalla relazione con altri operatori culturali appositamente e preventivamente coinvolti nel progetto, a Barcellona è lo spazio urbano e abitativo con i suoi intrecci di suoni e frammenti di vite a fondare l’impianto narrativo e creare interminabili visioni esclusivamente sonore di realtà e fatti, impossibili da verificare e controllare. Pertanto la mappatura dei luoghi (audiovisione4), dopo aver subito un trattamento di editing e, quindi, di rappresentazione (audiovisione5), è stata propagata attraverso diffusori nello spazio della galleria (audiovisione6). Dopo l’ascolto ravvicinato, ogni visitatore aggiungeva uno strato narrativo (audiovisione7) all’interno della black box, sorta di sala di regia radiofonica collegata in tempo reale con cuffie posizionate sulle pareti (audiovisione8). I commenti dei fruitorisono stati successivamente sviluppati(audiovisione9) emantenuti in lingua originale. 

In questo momento, mentre sto scrivendo, aggiungo anche io una mia verità personalizzata (audiovisione11) che nessuno potrà mai accertare e costituirà la base per una vostra intima percezione delle realtà raccontate (audiovisione12) che sarà sempre diversa in base alle personali rappresentazioni (audiovisione n). E così via, andando avanti in queste pagine verso una infinitesima quantità di livelli e strati (audiovisione n+1) che ognuno aggiungerà in modalità di espansione, moltiplicazione e complessificazione, come immersi un insieme di Mandelbrot.

Vi avviso che sono morto, ma è falso. (…) La società sa che il mutuo impegno alla verità è essenziale a tutti, e se crollasse ciascuno di noi sarebbe perduto.” (Umberto Eco, Vi avviso che sono morto, ma è falso, La bustina di minerva, 24 maggio 2012)


Oltre la realtà. La messa in scena
di Ilaria Termolino

La rappresentazione in arte nasce dall’interpretazione della realtà manipolata dall’artista e presentata al pubblico sotto forma di opera. Manuel Canelles riflette sul sottile confine tra realtà e rappresentazione e lo fa utilizzando uno strumento a lui noto: la drammaturgia.

Nasce On Stage, un progetto itinerante e in continua trasformazione. Liquido, proprio per la sua capacità di adattarsi al meglio allo spazio in cui viene accolto. Non solo si muove in varie città europee (Roma, Barcellona, Bolzano) ma passa attraverso diverse mani (attori, sociologi, scrittrici, tecnici del suono, il pubblico di una galleria d’arte, gente comune…). Cambia di forma, si adatta al nuovo contesto, si trasforma pur mantenendo una connessione tra le diverse fasi. Con On Stage, infatti, si assiste sempre alla creazione di una realtà tramite la narrazione e alla sua successiva rappresentazione o, meglio, messa in scena. Canelles si affida al logos, adotta la parola come suo codice narrativo. Orale, nel caso di Barcellona e scritto per i copioni usati a Roma e a Bolzano.

Quando On Stage sbarca a Barcellona, l’artista indirizza la sua ricerca sui suoni prodotti dalla città. Non solo registra i rumori delle chiassose strade della metropoli catalana, ma entra nelle case per catturare i suoni prodotti in questi luoghi intimi e familiari. Dopo questa prima fase di “raccolta dei suoni”, ne segue una di “manipolazione in studio” dove Canelles prepara l’opera per metterla in scena nella Galleria Espronceda. Il grande spazio di Espronceda viene attentamente allestito e preparato per riprodurre i suoni raccolti e manipolati dall’artista. Aperto il sipario di Espronceda al pubblico, la messa in scena è in atto: lo spettatore si trova davanti a una realtà incomprensibile dove la sua percezione, alterata e distorta dall’artista, può spingerlo a ricostruire una falsa realtà, oppure, può spronarlo ad interrogarsi sul suo modo di porsi di fronte alla rappresentazione e alla ricerca della realtà.

Attraverso l’effetto di straniamento lo spettatore è posto in allerta dal Canelles che vuole mostrarci come la narrazione possa divenire un potente strumento di controllo.

L’artista dà vita, nella Galleria Espronceda di Barcellona, a una drammaturgia sonora che disorienta lo spettatore ma può spingerlo a riflettere.

Anche di fronte a una narrazione ben costruita, dovremmo chiederci: qual è la differenza tra verità e messa in scena? La lettura di un testo o l’ascolto di suoni e voci riprodotte sono strumenti sufficienti per risalire alla realtà di quei suoni e di quelle voci? Oppure quello che vediamo e sentiamo è solo una realtà riportata, volontariamente manipolata, corrotta, per essere data in pasto al pubblico?

Durante la visita nella Galleria Espronceda, lo spettatore non ha la possibilità di risalire all’origine di quella parola, di quel suono. Solo l’artista ha assistito al momento della registrazione e della successiva manipolazione in studio. Io stessa, pur avendo assistito alla fase di cattura dei suoni, non riuscivo a ricreare il contesto di partenza, non riuscivo più a ricordare l’origine, la verità dietro a quel suono.

La mia realtà e quella dello spettatore avevano subito un processo di condizionamento causato dall’intervento dell’artista demiurgo che manipola il suono.

Così non ci rimaneva che entrare nel black box e raccontare la nostra esperienza a un registratore: lo spettatore entra in azione e diviene parte attiva, collabora al progetto, ne diviene attore. Numerose le sensazioni: c’è chi si immagina una storia dietro a quei suoni, a quelle parole e la racconta costruendo un ulteriore livello narrativo del progetto. C’è chi, invece, non crea una storia ma si interroga: “Se ci fate caso, anche adesso, non state godendo di un vero silenzio. C’è sempre qualcosa da ascoltare, sempre c’è un rumore. Sei mai potuto stare in silenzio?“, si domanda uno spettatore. L’attore-spettatore aggiungerà la sua voce alla stratificazione di ascolti e di condizionamenti: il microfono della cabina di regia è connesso a cuffie wireless posizionate sulle pareti di Espronceda per essere indossate dal pubblico.

Manipolando i suoni Manuel Canelles crea un universo assurdo, provoca uno straniamento nell’osservatore con lo scopo di svelare la falsità, la manipolazione che può nascondersi dietro la rappresentazione. L’artista, demiurgo dei suoni, ci invita a riflettere sull’errore che potremmo fare nel basare la nostra realtà su qualcosa che potrebbe essere solo il frutto di un’illusione, una realtà manipolata, una messa in scena.

In copertina: foto di Martina Ferraretto

VISIONA IL CATALOGO DI ON STAGE

Contributi critici in catalogo di
Roberta Melasecca
Ilaria Termolino

ON STAGE
www.onstageproject.eu
A PROJECT BY
Manuel Canelles
CURATED BY
Roberta Melasecca 
Savina Tarsitano 
Ilaria Termolino
PRODUCTIONS
Interno 14 next (Roma, It); 
Espronceda – Institute of Art & Culture (Barcelona, Es); 
Spazio5 artecontemporanea (Bolzano, Trieste, It).
WITH THE CONTRIBUTION OF 
Espronceda – Institute of Art & Culture;
Provincia Autonoma di Bolz- ano/Alto Adige – Ripartizione Cultura Italiana;
Provincia Autonoma di Bolzano – Ufficio Politiche giovanili.
PARTNERS
Centro di cultura giovanile Vintola18, Bolzano, IT 
ShowDesk, Napoli, IT
COLLABORATIONS
Marco Angelini artist
Marco Binotto sociologist
Martina Ferraretto cinematographer
Angela Giassi  dramaturge
Angelo Ippati sound engineer
Barbara Lalle artist
Eva Loprieno videomaker
Silvia Morandi performer
Fabrizio Nastari musician
Claudia Quintieri writer
Valeria Termolino translator
Federica Zianni 
THEATRE
Flora Sarrubbo 
Manuel Canelles 
and
Oscar Bettini 
Cinzia Butelli
Carla De Vita 
Emilia Pometti 
Cristina Righetti 
Giacomo Santi 
Marco Serena 
Ginevra Tarascio 
Marinella Zanvettor

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